Gli ultimi aggiornamenti in tema di lavoro agile

Gli ultimi aggiornamenti (Circolare 2/2020 – Funzione Pubblica 12 marzo e Decreto Cura Italia – 16 marzo 2020) parlano chiaro: la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa è il lavoro agile. Viene limitata la presenza del personale negli uffici ai soli casi in cui la presenza fisica sia indispensabile per lo svolgimento delle predette attività, si adottano forme di rotazione dei dipendenti per garantire un contingente minimo di personale da porre a presidio di ciascun ufficio, assicurando prioritariamente la presenza del personale con qualifica dirigenziale in funzione del proprio ruolo di coordinamento.

Il lavoro agile diventa dunque la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle PA.

Ai lavoratori del settore privato che sono affetti da patologie, per i quali vi è una ridotta capacità lavorativa, è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in smart working; i datori di lavoro sono tenuti a permettere lo smart working ai dipendenti che abbiano nel proprio nucleo familiare un disabile ospitato in un centro riabilitativo chiuso dal provvedimento. Se tale familiare disabile è un minore, la modalità in smart working non può essere respinta, salvo che questa sia incompatibile con le peculiarità dell’impresa.

Queste le ultime disposizioni del Governo e del Dipartimento delle Funzione Pubblica in tema di lavoro agile, smart working, riunioni telematiche. In periodo di crisi ed emergenza sanitaria tutto dovrà essere gestito con strumenti informatici.

Ma quali sono gli aspetti da non trascurare?

Lo smart working è una modalità che permette al dipendente, pubblico o privato, la gestione dell’attività lavorativa da remoto, utilizzando (come riporta l’articolo di Edoardo limone a questo link https://www.edoardolimone.com/blog/2020/03/05/telelavoro-mancano-le-basi-culturali-non-tecnologiche/), un insieme di tecnologie finalizzate a permettere questa transizione. Sono quindi coinvolti una moltitudine di fattori tra cui:

  • L’adozione di standard documentali
  • L’utilizzo di reti sicure
  • L’impiego di sistemi “comuni”

Questi tre aspetti, apparentemente di semplice adozione, presuppongono un’analisi ben più complessa sulla loro implementazione che non può e non deve essere meramente informatica.

Adottare standard documentali, utilizzare sistemi “comuni” su reti sicure presuppone analisi dei processi, semplificazione e reingegnerizzazione dei processi in chiave digitale. Questo ha da sempre rappresentato il problema più grande per la nostra amministrazione pubblica e non solo. Considerare la digitalizzazione come semplice installazione di un software è oggi l’errore più grande che paghiamo a causa di mancanza di competenze digitali tra i dirigenti, resistenza al cambiamento, classe dirigenziale troppo vicina all’età pensionabile per avviare processi innovativi reali, spending review.

L’emergenza Covid-19 ha portato alla luce una serie di problematiche che, superata questa situazione di emergenza, costringono tutti i vertici politici e dirigenziali a riflettere sulla necessità di adottare metodologie che permettano di gestire flussi telematici, digitali, sicuri, condivisi e interoperabili sperando che quanto avviato in questi giorni possa essere considerato un periodo di test con effetti positivi da portare avanti e migliorare.

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